Vivere nell’era digitale, sicuramente ricca di nuove ed esaltanti opportunità, ha condotto gli esperti ad interessarsi ormai da anni ai rischi connessi all’uso ed all’abuso della rete, in particolare da parte dei giovanissimi e degli adolescenti, per i quali internet diviene un ulteriore “luogo” in cui formarsi, sperimentarsi, confrontarsi e, in definitiva, plasmare l’identità.
I fenomeni che andrò dunque a descrivere sono già noti, ma acquisiscono, ai tempi del Coronavirus una rilevanza particolare. Stare sempre chiusi in casa senza avere possibilità di contatto, socializzazione o semplicemente modi per trascorrere il tempo, uniti talvolta al cambiamento dei quotidiani ritmi scanditi dalle attività giornaliere, hanno favorito un forte incremento dell’utilizzo di internet, anche in fasce di età più basse del solito.
Si riscontra infatti un forte aumento del vamping, termine che, richiamando lo stile di vita dei vampiri, descrive il fenomeno che porta i giovani a stare svegli nelle ore notturne per chattare, videogiocare o stare connessi a guardare video o serie tv. Si pensi che le ultime stime indicano che almeno 6 adolescenti su 10 e 4 preadolescenti su 10 restano connessi durante la notte. Il rischio di tali condotte, vista anche la riduzione delle necessarie ore di sonno, sono spesso diffusa irritabilità, nervosismo, ansia, calo dell’attenzione e conseguente calo del rendimento scolastico. Fuori dal controllo diurno dei genitori, l’essere connessi di notte per svolgere le attività più gradite può diventare un’ossessione, fino al punto di non poterne fare più a meno e favorire anche i fenomeni di sexting e cyberbullismo. Infine nelle ore notturne la rete, ed in particolare le piattaforme più frequentate dai giovani, possono diventare terreno fertile per pedofili ed adescatori favorendo il fenomeno del grooming.
Il sexting, temine che unisce le parole inglesi texting (scrivere, o meglio “messaggiare”) e sex (sesso) indica lo scambio di messaggi, foto o video sessualmente espliciti. Tale fenomeno, che se consensuale non rappresenta di per sé un reato, è sicuramente aumentato durante questo periodo di quarantena legata alla Covid-19, vista l’impossibilità del contatto fisico e dei rapporti sessuali, si pensi addirittura che il Ministero della Salute argentino ha incoraggiato la popolazione a praticare ilsesso virtuale fino alla fine della pandemia come misura di contenimento del virus (Il Messaggero, 18 aprile 2020). Nella popolazione preadolescente ed adolescente però tale fenomeno può diventare rischioso, sia perché la detenzione di immagini pedopornografiche nei dispositivi elettronici rappresenta un reato, sia per la possibilità che le foto o i video possano essere condivisi all’infinito o a scopo di ricatto e diffamazione o innescando fenomeni di cyberbullismo.
Noto alle cronache è il fenomeno della revenge porn, ovvero l’uso distorto che viene fatto di immagini o video a sfondo sessuale, diffusi sui social network o sul web a scopi vendicativi e senza il consenso della persona ritratta. Risale allo scorso 3 aprile, seguito poi da molti altri, l’articolo on line di Simone Fontana sul sito d’informazione Wired.it (https://www.wired.it/internet/web/2020/04/03/revenge-porn-network-telegram/?refresh_ce=) che parla del più grande network di revenge porn su Telegram, dove oltre 40mila persone al giorno “mettono in scena il rito collettivo dello stupro virtuale di gruppo” in una chat accessibile a tutti, contenente foto e video di atti erotici e sessuali pubblicati senza il consenso o la consapevolezza delle vittime. Tale fenomeno era già noto agli esperti, anche in relazione all’accresciuta attenzione alla violenza sulle donne, alle quali più spesso tale pratica denigratoria è rivolta. Non si ritiene comunque che tale aumento di interesse basti ancora ad arginare il fenomeno descritto e forse una riflessione specifica andrebbe in tal senso fatta anche sull’uso del termine “revenge” (vendetta), che fa l’occhiolino alla legittimazione di un comportamento punitivo, laddove invece vi è un chiaro sbilanciamento di potere tra chi detiene le immagini e chi le ha inviate, magari con iniziale consenso, e che si trova poi a subire violenza e denigrazione che distruggono l’equilibrio psichico.
I temi del sexting, del vamping e della divulgazione e detenzione di immagini e video a sfondo sessuale non possono infine non essere correlati al fenomeno del grooming, ovvero dell’adescamento di minori on line con l’obiettivo di coinvolgerli in attività di carattere sessuale. Visto il massiccio incremento dell’utilizzo di internet da parte dei più giovani dovuto alla quarantena, magari anche in orari notturni, la Polizia Postale ha rilevato un’escalation di adescamenti. I groomers, adescatori pedofili, sono espertissimi nel mettere in atto qualsiasi tipo di manipolazione, lusinga o minaccia per carpire la fiducia delle loro vittime sui social network, sulle piattaforme di messaggistica istantanea o su quelle di gioco on line, dove è facile scovare interessi da sbandierare come condivisi allo scopo di creare una relazione fiduciaria.
Il rischio è molto alto e correlato all’età delle vittime ed alla loro condizione psicologica personale: sebbene alcuni adescatori riescano in poco tempo ad ottenere ciò che vogliono, in alcuni casi trascorrono mesi di scambi e conversazioni falsamente amicali prima che ottengano foto o video da utilizzare a loro piacimento.
All’inizio gli adescatori cercano appunto di carpire l’interesse e la fiducia utilizzando il più delle volte un profilo falso, nel quale la loro vera età ed identità può restare nascosta, ottenendo dati sensibili ed informazioni personali delle vittime, svantaggiate dal fatto che on line i freni inibitori sono generalmente meno attivi. Quando la relazione è consolidata e falsi interessi comuni sono condivisi, l’adescatore può riuscire ad ottenere foto o video sessualmente espliciti, passando dal fare battute (“ormai sei grande…non lo dirai ai tuoi genitori…”) a vere e proprie minacce di diffusione del materiale ottenuto per mantenere, col ricatto, il silenzio delle vittime.
Raccomando dunque ai giovani naviganti, ai quali sarebbe totalmente inutile vietare alcune condotte, di non condividere MAI, per alcun motivo, informazioni personali o dati sensibili (indirizzo di residenza, scuola o luoghi frequentati, numero di telefono), foto troppo esplicite con persone che non si conoscono dal vivo o delle quali non si ha estrema fiducia. Infine, se una persona conosciuta on line afferma di tenere a voi e di rispettarvi ma vi dice cose volgari e parla spesso di sesso facendovi provare disagio, se chiede con insistenza immagini intime fino a minacciarvi, se vi chiede i contatti dei vostri coetanei e vuole incontrarvi, chiedete aiuto ai genitori o alle figure di riferimento che conoscete di persona e delle quali avete assoluta fiducia: non vergognatevi, LA COLPA NON È AFFATTO VOSTRA. Nel caso del grooming, basta infatti una segnalazione alla Polizia per far partire un’indagine allo scopo di tutelarvi ed impedire che anche altri cadano in una rete dalla quale è difficilissimo liberarsi, con conseguenze terribili per l’equilibrio psichico e l’intera vita.